Una passeggiata al lago di Cavedine

Dopo tanto tempo, liberi dalle mascherine, finalmente abbiamo iniziato questo nuovo anno scolastico con una passeggiata all’aperto tutti insieme, noi ragazze e ragazzi delle classi seconde e terze.

Abbiamo percorso la strada che da Cavedine conduce al lago (di Cavedine).

Prima di arrivare al capitello di San Michele (o capitello di Prussia in quanto forse alla sua realizzazione avrebbe provveduto un emigrato in Prussia per chiedere protezione) ci siamo fermati al Parco dei 100 gelsi, realizzato per abbellire il paesaggio in una zona che è stata ripulita da erbacce e rifiuti. E’ stata scelta proprio la pianta del gelso per ricordare un’antica tradizione: l’allevamento dei bachi da seta che si cibavano delle foglie del gelso.

Il panorama era bellissimo: oltre alle montagne, lo sguardo arrivava fino al castello di Arco e si intravedeva il lago di Garda.    

Ci siamo fermati alla casa sociale dove abbiamo giocato insieme e pranzato.

Riportiamo alcune notizie sul lago di Cavedine che ci siamo raccontati mentre eravamo lì, in un ambiente molto bello e pittoresco come quello del lago, ma anche lugubre e selvatico come quello delle Marocche che ha ispirato pure Dante nella descrizione che troviamo all’interno dell’Inferno.

L’imponente frana delle Marocche, sbarrando la valle, ha creato le condizioni per la formazione di diversi laghi, tra cui quello di Cavedine. Il lago di Cavedine, di origine naturale, negli anni ’50 è stato integrato nell’impianto idroelettrico di Torbole con la funzione di serbatoio di regolazione giornaliero-settimanale. Sulla sponda sud-orientale del lago è stata realizzata l’opera di presa che alimenta la centrale attraverso una galleria in roccia lunga 14km. Per permettere la costruzione della presa si è dovuto parzialmente svuotare il lago. Avendo assunto questa funzione di regolazione, il lago è soggetto a consistenti e rapide variazioni di livello.

Le Marocche di Dro (dal termine trentino maròc ovvero blocco di roccia) sono la frana più grande dell’intero arco alpino: detriti, risalenti a frane e crolli avvenuti durante il ritiro dei ghiacciai circa 20.000 anni fa. Leggenda narra che sotto i macigni delle Marocche di Dro dorma la città di Kas, ma a rendere sottile il confine tra fantasia e realtà è l’incredibile ritrovamento di un tegolone di epoca romana e delle ceneri, avvenuto nel 1907 durante i lavori di scavo del canale sotterraneo che doveva alimentare la centrale di Fies. La zona fu inoltre colpita da un terremoto nel 1046 che generò l’enorme frana, nota come “ruina dantesca”, citata nel XII canto dell’Inferno dove sono puniti i violenti contro il prossimo.  

Era lo loco ov’a scender la riva

venimmo, alpestro e, per quel che v’er’anco,

tal, ch’ogne vista ne sarebbe schiva.

Qual è quella ruina che nel fianco

di qua da Trento l’Adice percosse,

o per tremoto o per sostegno manco

che da cima del monte, onde si mosse,

al piano è sì la roccia discoscesa,

ch’alcuna via darebbe a chi sù fosse.

La classe 2B